Capace di rimarginarsi
il mio grembo
ha scelto
di non tramandare
l’illusione
di poter ritornare in un ventre
per proteggersi,
di non essere
l’onnipotente
incantatrice
caverna.
Sarò
ponte
stazione
letto
inchiostro
foglio.
Sei libera, figlia!

Testo sacro
in perpetui cantieri
di illusori grattacieli;
lemma nascosto
in metropolitane
pericolosamente piene;
refuso accettato.
Giovane donna
genesi di alternanze
inceppa,
del presente,
l’ignominia.

Appese
ad un filo antico
stanno
le mollette per i panni.
A disagio
sospese
abituate al moderno
di balconi e soggiorni.
Le si può scorgere
aggrappate
ad un asciugamano zuppo di sudore,
sollevate
da un foulard imbarcato di maestrale,
costrette
da uno straccio sporco.
Pochi
le sentono spezzarsi
al peso di vite vestite,
di braccia di martiri,
di donne velate.

Grattugiando
di un limone la scorza,
superficie antiuniversale
ho incontrato.
Mi confondo
in vescicola
globulosa
albedo amaro.
Ho fame di tutto.
Margini che sono cornici, limiti che definiscono e contengono universi: le foto come le parole. Con uno sguardo al cielo, sempre. Bellezza che ci salva.
Queste poesie mi hanno lasciato senza fiato: sempre, davanti a un’opera d’arte, rimango stupito e in silenzio profondo. Ho cercato di capirle ma invece ne sono rimasto inondato