Huaorani – Capitolo cinque

Il risveglio

Camminammo due ore, alternandoci in modo entropico nell’ordine di marcia, tranne Ruben, che guidava il gruppo improvvisato. Poco più in la della metà Ewea si mise a correre, superando tutti, il suo passaggio lasciò un’orma. Non era la forma del suo piede ad aver immobilizzato Ruben, ma l’equisBothrops atrox – che le stava accanto, questione di millimetri. Non fu sgridata, nessuno insegnava tramite quella barbaria. Ruben la guardava serio, dicendole con gli occhi color caffè che da queste disattenzioni dipendeva la sua vita. Lei interiorizzò in silenzio e riprese a camminare, vigile. Silvia mi disse che a parer suo non l’avrebbe mai attaccata, perchè gli Huaorani volano sui sentieri, per non far rumore, discendenti di abili cacciatori.
L’ultimo ricordo di quella notte fu la magica atmosfera del susseguirsi di cantilene sacre che la mamma, Yeye, intonava, sostenuta dalle soavi voci delle figlie. Sdraiato sull’amaca, mentre rigiravo tra le dita la piuma nera e bianca divenuta opaca e ormai consumata, queste preghiere mi parlavano di creature fantastiche che vivevano nella profondità dell’Amazzonia. Erano le uova d’oro di Awen, quelle che trasformano gli uomini in avidi mostri. Una a una passavano, mi lasciavano un segreto e svanivano. Sentivano che non avrei mai provato a possederle, le amavo libere ed avevo ormai
imparato a vivere a cavallo tra sogno e realtà.
Di nuovo il fumo, l’ultimo. Partimmo con calma, ci aspettavano sette ore di cammino in sentieri fangosi, che si trasformavano velocemente, e due di bus.

L’arrivo in città mi scosse molto… perché Ruben era diventato piccino. Non fisicamente: cambiare forma in tigrillo era caratteristica di pochi eletti nella storia della loro etnia. Piccino perché visibilmente spaesato, terribilmente fuori dal suo habitat. Il suo fine udito violentato dal rumore della modernità. Lo sentivo tanto lontano da se stesso da farmi compassione, come un leone in uno zoo, ormai re di qualche metro quadro a lui limitrofo, nulla più.

Ma questo è il triste destino di tutti questi re, regine, principi e principesse delle società tradizionali e del mondo selvatico. Memorie di un passato magico, forte, onesto e fiero, nei cui occhi brilla il disegno originale. Questa è la storia della continua perdita di diversità socioculturale e biologica. Quando globalizz-azione e omolog-azione condividono ben più che l’azione, ma le prospettive. “E ciò che non era stato capace di fare il fascismo, l’era dei consumi è riuscita a farlo alla perfezione”, santo Pasolini.
Awen mi osservò a lungo quella sera.
Non è chiaro se lei fosse stata la mia coscienza, lo spirito del luogo o un’aquila arpia, cui forse apparteneva quella piuma di cui mi appropriai indebitamente, ma definire questo non aggiungerebbe ne toglierebbe niente a quello che è stato. Sogno e realtà si sono intrecciati irreversibilmente.
Noi e Ruben ci salutammo come avevamo imparato: guardandoci negli occhi profondamente, il resto era superfluo.
Awen spiccò il volo orgogliosa, allontanandosi con lo sguardo ora incollato sull’orizzonte. Pensava imperturbabile alla prossima era.
Io non ritrovai mai la piuma nera e bianca.

Autore

  • Luca Persico

    Nasco dall'incontro della tradizione Bergamasca e dell'Appennino Tosco Emiliano. Nelle lunghe estati, immerso nel borgo medioevale in pietra e nei castagneti secolari, mi sono innamorato dell'architettura, della buona cucina casalinga, degli alberi, dei fiumi e delle avventure. Ora progetto architetture naturali, viaggio in bici per conoscermi e per continuare a reincantarmi. Nel mentre scrivo, fotografo, disegno e scolpisco. Il tutto profondamente convinto che il migliore investimento siano le relazioni, il saper fare arte e il saper sentire.

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