Venezia e le paratoie

Venezia ha delle barriere evidenti. La laguna che la delimita, le paratoie delle case che la proteggono, quelle del MOSE, che bloccano il flusso della marea alle bocche di porto.

I limiti geografici di Venezia sono quelli a cui ci si abitua più in fretta quando qui ci si trasferisce. Si impara a convivere con l’acqua e al modo peculiare di vivere la città. Quando sulla scia di questa suggestiva nuova abitudine si inizia a fantasticare su un trasferimento permanente, ecco che tocca fare i conti con altri tipi di limiti: abitativi, lavorativi, spaziali. Sono le paratoie più grandi di tutte.

In questa città al limite del costruibile, del sopra-vivibile, ho incontrato negli anni una grande libertà. La libertà di orizzonte della laguna sud, quella che deriva dal poter contare solo sulle proprie gambe, quella di avere la sensazione di sentirsi sempre al sicuro. È il senso di libertà che ho vissuto che mi ha ancorata a Venezia.

Nel luogo in cui il prosperare di una città sembrava impossibile, eccoci invece qui in milioni l’anno a camminare su decine di migliaia di palafitte datate più di mille anni, solo in 50.000 a farlo quotidianamente (contando solo i residenti in isola). Tanto ingegno l’essere umano ha impiegato per rendere la laguna vivibile e adesso che abbiamo le soluzioni a portata di mano non riusciamo a viverci più. Almeno non a lungo, non per sempre.

Venezia mi piace definirla una città multiverso, in cui gli universi che coesistono non si incontrano quasi mai. Una breve descrizione di questi universi può dare l’idea di quali persone e ostacoli qui si incontrino (o non si incontrino) e dell’impossibilità di mettervi radici in qualità di giovani adulti.

Gli universi da me arbitrariamente categorizzati sono quattro:

  • L’universo degli studenti e dei quasi trentenni intrappolati in vite da studenti
  • L’universo dei veneziani medi
  • L’universo della Venezia bene che vive bene
  • L’universo del turista

Quello degli studenti è l’universo a cui appartengo. Anzi, appartenevo. A quasi tre anni dalla laurea specialistica conduco ancora una vita da studentessa fuori sede: lavori di fortuna, una miracolata singola in una casa da festini. Finché uno non sente il bisogno di emanciparsi è una vita piacevole. Quando invece provi a fare un passo dentro il “mondo dei grandi” ti rendi conto che non c’è posto per te. Le case sono per studenti o per coppie con contratto a tempo indeterminato, l’alternativa è una bella e umida cantina in nero, manco a pensarci di prendere la residenza. Di solito gli abitanti di questo universo aborrano la terra ferma, ma dopo un po’ di anni lontani da mamma università inizia a sembrargli quasi appetibile.

Lampadario in vetro di Murano a Palazzo Vendramin Grimani, dicembre 2021

L’universo dei veneziani è di difficile accesso. Una delle chiavi pare essere l’accoppiarsi con uno di loro. E se l’accoppiamento diventa duraturo avrai con tutta probabilità anche le chiavi di una casa di proprietà. Le ragioni sono ovvie, sono veneziani da generazioni e figli di una generazione che una casa riusciva a comprarsela (perfino a Venezia!). Eppure, nemmeno per loro è facile, aiuti miseri per la residenzialità, unico vero aiuto morale è la certezza che un giorno nonni e genitori moriranno e quindi… evviva l’eredità! In molti sono scappati a Parigi – Londra – Milano – Copenaghen, tutte città costose e ai loro occhi quasi mai altrettanto all’altezza della Serenissima. Qualcuno torna, altri stringono i denti lì dove stanno e ci si vede una volta l’anno per la festa del Redentore.

L’universo della Venezia bene che vive bene. Si sentono racconti di palazzi affittati per 40.000 euro al giorno in occasione di Biennale e Carnevale e in cui vengono dati esclusivi party hard per i propri simili international. Vanno in scuole private, stagione estiva alla casa al Lido, domestiche rigorosamente cingalesi. Non hanno contatti con i primi due universi e vivono esperienze stile zar di Russia prima della rivoluzione.

L’universo turistico invece incontra, scontra e frustra gli abitanti di tutti gli altri universi. La città è fatta a loro immagine e somiglianza, plasmata secondo la loro idea di amore e morte a Venezia.  È composto da vari sottogruppi: i turisti di lusso, i crocieristi, i turisti culturali, quelli che vogliono fare solo esperienze rigorosamente local…

Dell’universo turistico non vorrei fare di tutta l’erba un fascio, considerando lo status speciale che questo universo detiene per l’amministrazione della città. Essendo poi l’universo più internazionale, ciò rende difficile una generalizzazione che racchiuda tutti i sottogruppi al suo interno. Quindi mi limiterò a parlare del sottogenere che conosco meglio: il turista boomer italiano. Nella maggior parte dei casi vuole andare al Florian a prendere il caffè perché “che fai vai a Venezia e non ti ci siedi ai tavolini in Piazza San Marco?”, salvo poi lamentarsi del prezzo pagato con i propri compaesani non appena tornato a casa. Compra maschere di carnevale Made in China e oggettini in presunto vetro di Murano, se conosce qualche abitante del posto non ce la fa e deve dirgli la sua illuminante verità. Qual è la verità? Suvvia, la sapete anche voi. Che Venezia è bella MA… MA… MAAA… “MA NON CI VIVREI”.

Finalmente qualcuno l’ha detto!

Dopo quasi sei anni che osservo questa bella città in cui nessuno vuole vivere, il mondo che le passa in mezzo, l’acqua scendere, salire, straripare e le persone a cui ho voluto bene andarsene, tornare, fingere di andarsene, inizio a capire. Inizio a capirlo il turista italiano boomer.

Negli anni ho continuato a pensare che Venezia mi tenesse ancorata anche da sola, anche se la svuoto di tutto il vissuto, i ricordi, le persone. Che mi bastasse, anche così, anche nei limiti.

Ma oggi sento che mi sto scollando da lei, vedo le enormi paratoie della città alzarsi, fino a superare i campanili più alti. Quella terra emersa che era così ostile è tornata ad esserlo.

Acqua alta in Campo dei Tolentini, novembre 2021

Giugno 2022: test di prova per creare una città a numero chiuso. Una nuova paratoia, l’ennesimo limite che finge di essere la soluzione a tutti gli altri limiti.

Non si parla di un vero e proprio numero chiuso, perché non ci sarà un limite oltre cui la gente non potrà entrare in centro storico, ma una soglia oltre la quale si dovrà pagare. Superati i 40.000 ingressi prenotati scatterà un ticket giornaliero tra i 3 e i 10 euro (in base al periodo) che punta a disincentivare il turista a venire in città. Possiamo immaginare bene come il turista che arriva, per esempio, dall’Australia, dagli Stati Uniti o dalla Cina, che ha speso migliaia di euro per il viaggio, possa sentirsi disincentivato. Con tutta probabilità avrà prenotato in una struttura ricettiva molto costosa, quindi un ticket nemmeno lo dovrà pagare. Ciò però non vale se il tuo amico australiano/americano/cinese vuole venirti a trovare a casa tua. La tua casa in nero pagata con un lavoro in nero.

Camera d’albergo al Lido di Venezia, giugno 2020

Leggendo il “Regolamento per l’istituzione e la disciplina del contributo di accesso con qualsiasi vettore alla città antica del Comune di Venezia e alle altre isole minori della laguna” una cosa in particolare mi ha colpita. Con questo nuovo sistema se finisco in ospedale o se muoio solo mio marito/unito civilmente/convivente e i miei parenti fino al terzo grado potranno venire al mio funerale senza pagare l’ingresso. Gli altri invece no. Loro non avranno le riduzioni come al cinema e nei musei.

Ecco, questa cosa non l’ho proprio digerita. Non posso portarmi sulla coscienza il peso di questo denaro. E se muoio in alta stagione? Dieci euro sono almeno tre Spritz.

Questa paratoia non so se la posso scavalcare.

Autore

  • Samantha Chia

    Samantha Chia (1993) nata a La Spezia, è specializzata in economia e gestione delle arti e in storia delle arti e conservazione dei beni artistici. Nelle sue ricerche si è focalizzata sulla questione identitaria nelle arti contemporanee, con un focus sulla Corea del Sud e sull’Istria. Attualmente è educatrice sociale e sta prendendo l’abilitazione per diventare docente di storia dell’arte. Le piace andare per mostre e musei, il giornalismo culturale, l’est del mondo, le terre di confine e la cucina coreana.

3 commenti su “Venezia e le paratoie”

  1. rosariadistefano

    Bellissima riflessione su Venezia. La città più amata. Certo come molte altre: Firenze, Roma, Perugia, Matera, Lecce e giù, giù sino ai piccoli borghi. Ma a Venezia c’è l’acqua che ci lambisce e ci affascina. L’acqua è la madre ed è difficile staccarsi dalla madre, soprattutto quando è bellissima.

  2. “In molti sono scappati… e ai loro occhi quasi mai altrettanto all’altezza della Serenissima”
    Samba.. come mi ci ritrovo nelle tue parole.

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