
Care lettrici,
vi avviso che in questo articolo divagherò un po’ rispetto al tema principale della rassegna. Spero non vi disturbi; state tranquille che al prossimo tornerò a battere il ferro sui miei argomenti preferiti e fatti storici intriganti.
In questo capitolo, voglio iniziare raccontandovi che mese è stato per me, per poi cogliere le riflessioni che mi sono sorte spontanee e che, in realtà, forse non sono nemmeno troppo distanti dai temi dei capitoli precedenti.
Se la rassegna si chiama La foresta e le mie radici, è perché realmente mi sento più al sicuro e a casa in mezzo a una foresta che dove vivo quotidianamente: Milano. Tra gli alberi posso smettere di pensare e semplicemente essere, in divenire costante. Tra gli alberi le regole della società crollano e mi sono resa conto che nel bosco porto con me solo persone realmente vicine; tra gli alberi si respira in sincrono e tutte le attività umane risultano più ludiche.
Mi diverte tanto la foresta, rido, canto, mi rotolo e corro come da piccola. Ritrovo la me stessa bambina e le sorrido, mentre in città a volte mi sembra di tenerla in gabbia, quella bambina.

Detto questo, questa stessa sensazione che ho nello stare immersa e circondata dal colore verde, la provo anche quando creo. Quando invento una storia che mi appassiona, quando intravedo un inquadratura con lo sguardo, quando scrivo o dipingo, quando ballo e mi esprimo. È stata la mia via di fuga e la mia via di salvezza: la creazione.
In adolescenza il teatro mi dava respiro, mentre la scuola me lo toglieva. E poi, dopo varie vicissitudini ed esperienze un po’ al confine tra i miei stessi limiti, quando ho avuto bisogno di ritirarmi per ricalibrare il tiro della freccia della mia vita, riassestare i pensieri disallineati e tirare un respiro profondo prima di muovere di nuovo un passo, è stata proprio l’idea di poter creare, in questa vita, che mi ha dato la forza di andare avanti e uscire da una situazione parecchio spiacevole. Lentamente ho riversato tutta l’energia che prima usavo per divertirmi nell’atto creativo e ho deciso che era l’unica maniera in cui io realmente potessi vivere.

Detto questo, ho ancora molto bisogno di un ancoraggio concreto alla realtà; quello solo il lavoro per ora me lo dà, perché quando ho solo il processo creativo su cui basare la mia quotidianità, mi astraggo troppo, stando poi conseguentemente male. Non so se vi ritrovate nelle parole che scrivo, se vi suonano, se provate le stesse cose, ma ci terrei ad avere nei commenti anche le vostre vicissitudini e, se vorrete, i vostri consigli.
Ho imparato e sto imparando ancora a prendermi cura di me stessa: dalle piccole cose come una doccia al giorno e il riposo obbligatorio, a quelle più grandi, come il cercare di superare certi traumi e sconfiggere certi mostri interni, che ciclicamente si ripresentano sotto mentite spoglie.
Vorrei che questo articolo sia la possibilità per sentirvi meno sole, che sia nel vostro processo creativo o nel vostro bellissimo mondo interiore. A volte il mondo esterno stanca, perché non è fatto a nostra misura, e ci sembra strano quando usciamo dalla nostra bolla di conoscenze, lavori, giochi e passatempi, perché può destare nuove curiosità, o “mangiare” tante energie, spesso entrambe le cose.

Questo mese ho ricevuto un no, uno dei tanti che ho ricevuto, sicuramente non l’ultimo della mia vita, ma ha fatto male come fosse il primo, perché di mezzo c’era la mia creazione. Mi sono rinchiusa tutto l’inverno a scrivere una sceneggiatura, una storia che mi appassiona, una storia che voglio vedere con i miei occhi, una storia che sento che vorrei che qualcuno mi raccontasse. Il primo no su un progetto del genere non è così grave; se ne troveranno tanti altri prima di trovare il sì definitivo. Eppure, è riuscito a mettermi in dubbio, a scalfire le mie poche certezze ed è la prima volta, dopo il periodo di cui vi parlavo prima in cui ho ricalibrato la mia vita sul creare, la prima volta in cui mi sono chiesta: è questa la strada giusta?
È stata una domanda che ha compreso ogni mia sfera vitale, una domanda posta a ogni angolo della mia stanza, ed è faticoso, a volte, rispondersi. In realtà, con il senno del poi, che ancora non è arrivato ma lo immagino, mi sono detta che sì, è la strada giusta, in tutte le sfere della mia vita la direzione è quella giusta; devo solo capire i passi per arrivarci. Magari i passi troppo lunghi o affrettati non fanno per me, magari devo fare passettini più leggeri, ravvicinati, in maniera da non perdere l’equilibrio e cadere giù.

Voglio dire a tutte le persone che sono passate o che passano da momenti come questi, che non siete pazzi, non siete pazzi per immaginarvi un’isola che non c’è. Se la vedete dopo la seconda stella a destra, è perché può esistere, e starà a voi portarci sulla vostra visione. Forse, citando Edoardo Bennato:
e ti prendono in giro se continui a cercarla
ma non darti per vinto, perché
chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle
forse è ancora più pazzo di te
Quindi chiudo con un altro esordio forse questo serve più a me che a voi, ma me lo farete sapere: urlo al viaggiatore di partir per nave, urlo al panettiere di macinare la sua farina, alla lavandaia di cantare mentre strofina i panni, urlo al mondo intero di continuare a credere che, prima o poi, se ci crediamo tutti e battiamo forte le mani, ci potremmo svegliare da questo sonno gigante chiamato produttività e consumismo, per ricordarci che le fate siamo noi.

Vi ringrazio, a questo turno mi avete fatto da specchio,
un abbraccio verde,
Milena
Post scriptum
Sono molto indecisa su cosa consigliarvi di ascoltare questo mese, quindi vi consiglierò sia l’album di Edoardo Bennato Sono solo canzonette per ritrovare quell’energia che a volte fa la biricchina, sia l’album di Danit Aliento per richiamare la selva.
Per le visioni, vi consiglio l’ultimo cortometraggio di Alice Rohrwacher, una perla che mi ha fatto molto bene: Allegoria cittadina.
E per le letture, questo mese vi consiglio Quando Teresa si arrabbiò con Dio del compatriota cileno Alejandro Jodorowsky, un libro divorato più e più volte.
Grazie Milena per quello che hai scritto!
Condivido pienamente le tue parole e la tua visione del mondo e della vita!!! Ci vorrebbero tante Milene sparse dappertutto!!! Anche io mi sento pressata al mondo esterno ed è davvero difficile a volte esprimersi e andare incontro agli altri e trovare un linguaggio che ci fa sentire tutti più umani. Terrò ad esempio la sua testimonianza e ti devo vai avanti così e a presto!!!!
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Ciao Monica! Ti ringrazio della testimonianza 🥰 Non sai che piacere sapere che le mie parole risuonino e avere riscontri mi fa sempre piacerissimo! “Un linguaggio che ci faccia sentire più umani” che bella frase che hai scritto, e sicuramente vera! A volte non è facile ma sono sicura nel fondo che tutti aneliamo un po’ a questo! Ti sono vicina e continuiamo a camminare per queste città boschi e vita! Buona giornata:):)