Capitolo 3

Care Lettrici,

le temperature calde e le giornate soleggiate ci ricordano che il tempo del raccoglimento sta sfumando e che bisogna esperire il mondo. Ballate se vi piace farlo, meravigliatevi ad osservare il polline che vaga per le strade di campagna e di città e ricordatevi che questa stagione riflette il nostro bisogno di collettività. Quando usciamo per strada, sentiamoci parte di qualcosa di più grande, sorridiamo mentre beviamo il caffè al bar sotto casa e offriamo le nostre parole più gentili all’anziana del vicinato.

Per iniziare questo articolo ci vuole un chiarimento. Credo sia il momento in cui vi parli del come e del perché il tema della femminilità in epoche presenti e passate mi desta tanta curiosità. Innanzitutto, vi parlo come persona che ad ora si identifica con il genere femminile, ma è stato un processo lungo e contraddittorio. Ho sempre avuto paura del mio essere “donna”. La paura maggiore è stata in adolescenza, quando gli altri mi identificavano come tale senza porsi dubbi. Sono certa che il genere sia uno spettro infinito, dove ci si possa identificare al di là delle categorie ad ora riconoscibili ed etichettabili. Quindi, quando scrivo al femminile, quando parlo di donne e femminilità, non assumiate che mi stia riferendo esclusivamente a chi ne è biologicamente definito. Più che della donna, vorrei scrivere di energia femminile, che è imprescindibile a tutti e si può trovare in qualsiasi corpo. 

In questa rassegna, indagando storicamente fino al Medioevo, non sarà facile rendere il discorso meno binario di quello che è, poiché purtroppo non ci sono abbastanza fonti. Infatti in epoche passate, il concetto di genere, inteso come spettro, non è stato documentato a dovere, oltre che nascosto dalla società e dal buon costume.

Quando parlo di donne, parlo di minoranze. Quando studio il ruolo della donna in epoche passate, mi riferisco a persone a cui nessuno ha dato la possibilità di ascoltarsi e autodefinirsi, ma anche a donne che si sono vestite tutta la loro vita con dei pantaloni, (in quell’epoca potevi morire per questo), a donne che sono state uccise, stuprate, oppresse e perseguitate. In epoche passate il ruolo delle donne richiama il fenomeno di oppressione sistemica storicamente approvata e, in epoca presente, il concetto fluido di genere più ampio della sfera biologica nativa. In ogni caso si parla di un femminile, di un’energia che fin dall’antichità è stata oppressa verso chiunque la manifestasse.

 

Quindi, tenendo conto di questo excursus imprescindibile per la continuazione dell’articolo, quest’oggi vi parlerò del ruolo delle donne, in particolare delle donne mature, nella società dell’epoca che preferisco, messa a confronto con quella odierna.

L’inizio del razionalismo, con il trasferimento nelle grandi città, ha portato ad una separazione e individualizzazione della cerchia familiare. Un tempo, la famiglia non riguardava  solo i rapporti consanguinei stretti, ma comprendeva le relazioni di vicinato, l’amico del parente di secondo grado e una cerchia ben più larga di ciò che poi con l’industrializzazione è diventato il concetto di famiglia.  Questa comunità era sentita in tutto il villaggio. L’ambiente “casa” era un luogo sicuro e protetto. 
In questa cerchia di legami, le donne erano sentite come le protettrici di questa casa allargata, le paladine della memoria familiare e culturale, coloro che avevano in mano l’educazione delle nuove generazioni.

Sono sempre più dell’idea, che l’aver fatto fuori le streghe in un’epoca in cui la trasformazione sociale bussava insistentemente alle porte, era, per chi ha pensato questo genocidio, un passaggio obbligatorio. Eradicare il ruolo della donna, è servito per far cadere nell’oblio la cultura e la memoria di popoli ancestrali, mantenendo solo il ruolo più produttivo e socialmente utile per una società in sviluppo: la procreazione. Vedete, non hanno fatto fuori le donne che sommessamente sfornavano bambini fino alla menopausa. Hanno fatto fuori le donne che si occupavano di trasmettere un sapere e una conoscenza. Soprattutto le donne che creavano comunità tra loro.

Allora, abbiamo tanti punti da trattare, per cui cercherò di essere il più chiara possibile.

Iniziamo con una piccola postilla biologica: l’essere umano, è uno dei pochissimi mammiferi in cui la femmina entra in menopausa.  A livello evolutivo non ha senso, infatti in quasi tutti gli altri mammiferi si può procreare fino alla fine della propria vita. C’è questa teoria però, che trovo la più ragionevole, che dimostra come evolutivamente sia stato necessario che la donna smettesse di procreare, ed è proprio perché c’era bisogno di una figura che crescesse le nuove generazioni. E per crescerle non intendo preparare da mangiare e pulire la casa in cui vivono, bensì insegnare, alle nuove generazioni, il loro ruolo nella società, il loro valore, la morale e la cultura, per far in modo, che, alla morte di un’anziana, non muoia la memoria. 

Le streghe fatte fuori, erano donne che vivevano fuori dai canoni che la società iniziava ad imporre. Donne che non avevano paura della sessualità anche quando il corpo non era più fertile, donne che si occupavano di mantenere l’ordine, e di far fuori, se necessario, il marito violento, il cugino violatore o chiunque non lasciasse continuare il ciclo della vita femminile in santa pace.

Ad oggi, la società ammala molte donne, donne che quando iniziano a sfiorire si sentono inutili. La società ci ha insegnato che il  valore per chiunque si identifichi con il genere femminile sta nella bellezza, nella bellezza di una donna fertile e giovane, mentre più si cresce, più il suo valore non viene più riconosciuto, perché come il latte lasciato fuori dal frigo, scade. Voglio ribaltare questa coscienza, voglio ascoltare le donne che hanno vissuto più di me, voglio imparare da una donna che la società ha ormai dato per spacciata.

Le donne anziane nelle classi popolari del Medioevo non venivano lasciate sole perché il loro ruolo principale iniziava proprio allora. Diventavano il centro della comunità perché c’era bisogno di qualcuno con molti anni alle spalle che tramandasse quello che ha imparato lungo la sua vita.

Voglio spronarci a riconoscere fin da ora il vostro valore non nell’estetica, ma in quello che imparate e che potete insegnare! Ribaltiamo le carte in tavola per ricordarci che i nostri sentimenti, le emozioni che proviamo, i ricordi che ci affiorano, sono un valore intrinseco alla nostra persona che va tramandato, che va insegnato, che va liberato. 

L’arrotondarsi di alcune donne dopo la menopausa, la schiena che si allarga e le caviglie che diventano più pesanti, sono una diretta conseguenza evolutiva di una persona che dopo aver vissuto una buona parte della sua vita a dare, decide di prendersi il suo spazio nel mondo, decide di occupare lo spazio che le è necessario per essere in tutta la sua forma, in tutto il suo sapere; lo spazio dell’esperienza, il riappropriarsi del proprio spazio nel mondo.

Molte donne nel Medioevo  erano le cantastorie del villaggio. Dopo cena o quando cala il buio, ci vuole qualcuno che come il pifferaio magico inebri i bambini al silenzio e all’ascolto, facendo da caronte tra il giorno e la notte. Erano proprio le donne ad avere questo ruolo, che con le loro storie, spesso anche con forti componenti orrorifiche proprio  per incutere ai bambini il  silenzio e il rispetto, con un modo di raccontare completamente affascinante, tramandavano la cultura popolare e la morale di allora.

Personalmente, sono stata cresciuta con i racconti di mia madre e di mia nonna, storie di rivoluzione, di lotta per la propria libertà, racconti di dittatura. Niente come quei racconti, tramandati da generazioni che hanno vissuto la dittatura di Pinochet in Cile, mi ha forgiato in quella che sono ora. Crescere sapendo che mia madre a 11 anni ha seppellito i suoi libri preferiti in giardino, ha lanciato una rosa rossa sulla tomba di Neruda e che a 20 anni era alle manifestazioni contro una dittatura che impediva la sua libertà politica e di pensiero, mi ha fatto rivalutare in toto la mia vita. Sono cresciuta idealista, sono cresciuta sognatrice, perché mia madre mi diceva, fin da quando ero piccola se qualcosa non ti va giù, combatti per far sentire la tua voce. Sono probabilmente questi racconti che hanno fatto di me qualcuno che voleva dar voce a chi nella società ne ha poca.

Quando la donna ha smesso di raccontare? Quando abbiamo smesso di ascoltarla? Quando il raccontare storie, che può essere in questa società lo scrivere un libro, fare un film, è diventato un ruolo per lo più maschile? La mia teoria è che questo è successo quando la società si è resa conto del potere che stavano dando in mano alle donne lasciando loro questi spazi.

Quindi donne, voglio sentire la vostra storia! Voglio che mi raccontiate di mondi fantastici! Voglio sentire donne che inventano fiabe favole verdetti e leggende! Bando alle ciance! Se hai qualcosa da dire, prendi carta e penna e scrivi! Rinchiudetevi se necessario fino ad avere una storia! Oppure andate per strada a raccontarle! Prendiamoci il nostro spazio e riprendiamoci la possibilità di tramandare quello che sappiamo! Se non per la società intera, pensate che anche solo un’altra persona potrebbe udire la vostra storia e imparare qualcosa da essa!

Voglio spronarvi a creare, a manifestare, a decidere raccontare inventare e volare!

Sarà che questa primavera inizia sempre con l’arrivo delle rondini, e vederle volare in cielo a stormi, mi fa pensare che molte persone che ho incontrato lungo la mia vita, hanno la sensibilità giusta per rimanere affascinate da un uccellino che si libra in cielo, e quel sognare la libertà, credo ci accomuni tutte, e credo anche, che sarà la nostra forza.

Un abbraccio verde,

(Vi sprono a scrivermi nei commenti le vostre riflessioni, e se vi fa piacere di parlare più approfonditamente di certi temi fatemelo sapere!)

Milena

Post scriptum

Da leggere assolutamente subito immediatamente se non lo avete già fatto è il libro di quella cantastorie di Clarissa Pinkola Estes, una bibbia o un manuale di sopravvivenza: Donne che corrono coi lupi. Credo sinceramente che quel libro  abbia cambiato la mia maniera di riflettere per molti aspetti e di pormi nel mondo.

Da vedere, voglio consigliarvi una donna che, verso la fine della sua carriera, si racconta con dolcezza, una donna che stimo e che amo per la sua arte: Le spiagge di Agnes di Agnes Varda.

Da ascoltare questo mese vi consiglio, se masticate un po’ le lingue, Lhasa de Sela, donna da un talento indescrivibile, purtroppo morta giovanissima, che canta in inglese spagnolo e francese, con melodie e racconti che vi faranno riconnettere al vostro amore per voi stesse.

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Autore

  • Milena Inge Grigolo

    Sono Milena Inge Grigolo. Ancora non so come definirmi, ma mi piace pensare che in un epoca passata sarei stata un bardo o una cantastorie. Mi piace dipingere e fare scultura, ma il mio medium principale è il video, il mio linguaggio l'ho trovato li dietro una camera a dar senso ai miei sogni. Mi sono formata come attrice e ciò mi ha insegnato molto sulle emozioni e sull’ascoltare il mio corpo, mi piace pensare che l’arte sia necessaria al giorno d’oggi per insieme trovare un immaginario collettivo che ci somigli. Sono un idealista, cresciuta a canti popolari e storie di rivoluzione, credo profondamente che l’unione fa la forza e forse è per quello che faccio un arte così comunitaria.

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