Eccolo lì, il limite. Per definizione invalicabile. L’ultima frontiera. Eppure soltanto una linea invisibile. È fatiscente. A conti fatti non esiste. Il cosiddetto confine. Le colonne d’Ercole. Le estreme propaggini dell’umanità intera. Tutto questo forse simboleggiato da muri eterni di puro cemento armato e filo spinato. Gabbie di dolore. E di sangue. Di bambini morti appena nati. Di quella triste ingiustizia piena di rabbia e di rancore. Di lacrime versate da madri prive dei loro figli. Di impotenza. E frustrazione.
Scrivere non è una semplice passione, è un bisogno fisiologico, necessario, affinché tutto ciò che l’autore pensa venga vergato su carta. E scrivere significa anche leggere tantissimo, leggere così tanto da quasi non aver tempo di fare altro. Ma le sue corde risuonano anche per altre cose, altre tre per la precisione, che vanno a braccetto: l’antifascismo, la lotta al razzismo e la lotta contro l’omofobia. È così che l’amore per la parola scritta si fonde in maniera inestricabile con il disagio provato davanti alle ingiustizie, e quando cerca momenti di evasione, la sua mente va in due luoghi dello spazio e del tempo: l’amore per la montagna e l’amore per la storia.