
Lefkoşa la turca, la nera, la vagabonda, la disconosciuta, la ripudiata, la derviscio dell’ordine dei Mevlevi che gira con una mano in alto a dare offrire ricordare legno ottone oro argento, ottomani, incenso e mirra, intarsi, tu non hai capito che intarsi, che magnificenza di portoni, tesori, decori, disegni sui volti delle donne, nascoste ma erotiche, sensuali, enigmatiche. Famelici gli uomini, profondi, ombrosi, ruvidi, spigolosi e una mano in basso a chiedere, a pregare, al minareto, al Dio che ci vuole coperti e senza scarpe, con le porte aperte, tu cammini e le porte sò tutte aperte, quelle abitate e quelle disabitate, le scarpe tutte fuori, tu cammini e vedi tutto e puoi entrare dappertutto, loro ti invitano, con le bocche affamate, col tappeto che entra e che esce e che è feltro, lana cotta, cotone, seta, frangia di gatto, cavallo, cane, maiale, cammello e noi sopra preghiamo, preghiamo, preghiamo, la voce acuta stridente feroce e sotto aspettiamo, aspettiamo, aspettiamo e di lato speriamo, desideriamo, vogliamo, odoriamo.
L’odore, l’odore inizia e cambia dieci, cento, mille volte, l’odore è la prima cosa che confonde, che mente, che ti mente. E la lira. Perché l’euro sparisce, e pure il roaming. C’è la lira per il bagno pubblico, quant’è mi scusi? Una lira. Una dolcissima ragazza col velo mi ha detto una lira, io non ce l’avevo, allora ha pagato per me, io le ho dato un euro, ha allargato gli occhi come fosse un miracolo. Un euro per loro attualmente sono 14,95 lire, cioè un pasto completo. Due insegnanti sulla stessa via da parti opposte del checkpoint prendono stipendi incredibilmente diversi. Passi la buffer zone, la zona del silenzio, la zona del no-uomo, passi da Ledra Palace Hotel, l’hotel che era sfarzo e lustro dei tempi andati, che adesso è sede dell’ONU e l’ONU sta là, col mitra, coi mitra a ragazzə che hanno manco 16 anni, e ti chiedono passaporto, documento? Sì. Vaccinato? Sì. Covid test? Sì. PCR test? Sì, in aeroporto. Italiana? Sì italiana. Che fai qui italiana? Qui vengo a capire che ci faccio qui, rispondo. Pizza, pasta, mandolino? Yes, mh-mh, scocciata rispondo.


L’odore è la prima cosa che non capisci, che confonde. Poi subito dopo il suono, il turco, le scritte turche, la lingua turca che si capisce ma non si capisce niente o non si vuole capire niente, perché loro sò stranierə pure a casa loro. È shawarma, lahmacun, moloyiha, odori di carni cotte, crude, halal, coriandolo, yogurt, pepe, cannella, noce moscata, cipolla, un sacco di cipolla, aglio, sudore, cuoio, pelle, mattoni, polvere, ricordi spaccati, fasto e ricchezze che non ci stanno più, ci piscia il cane sullo spettro di un portone di un palazzo signorile, galline che scorrazzano per strada con i pulcini al seguito, i bambinə che gli corrono dietro e passano per le case sventrate, le macchine che entrano fin dentro la moschea, la moschea che è enorme, bellissima, che ci sta a fare lì quella moschea meravigliosa, io sò confusa, una roba così maestosa in un non luogo è pazzesco, e poi il minareto parla sempre, parla a tuttə, dice vieni e dice non venire, tutto è chiuso, tutto è rovinato, ma la sua voce è dolce, è calda, è roca a tratti, ma piena di tenerezza e accudimento, straziante e forte.
I palazzi diroccati, svuotati, lasciati così com’erano quando i greci sò stati spostati di là e i turchi portati di qua perché è un’invasione, è una guerra tra quelli che erano fratelli e sorelle fino a ieri, prendi e te ne vai ora e così come stai, non si va per il sottile. Gli hanno tolto tutto compresi i documenti di nascita che quello vuol dire perdere l’identità e l’identità non si compra, non si baratta, senza quella ti ammali, ma dentro. I palazzi dicevo, pericolanti, con le ciabatte ancora sotto il letto, lo spazzolino in bagno insieme ai calcinacci e alla polvere, ai gatti, ai topi, nessun cartello o divieto o limite, puoi entrare in una casa diroccata e giocare a nascondino con il gallo, la gallina, il pulcino, il bambino scalzo che sta a casa sua, e lui è padrone, e scorrazza, entra ed esce, quella è casa sua ma fino al filo spinato, il bambino lo sa, il piede è attento prima dell’occhio, fino ai barilotti colorati, oltre non si guarda, non si deve guardare e non si va, casa tua è questa qua che ti dico io, sto sputo di terra senza più la vita di prima, e tu corri qua e mettiti in salvo dai cocci e dai ricordi e guarda sempre leggero e non ti chiedere niente, se non guardi dimentichi, se dimentichi sopravvivi.
E poi la contraddizione. Enorme, esagerata, gigante, spropositata, sguaiata. Andando verso Ledra checkpoint, verso l’old Town greco, tornare di lá insomma, tagliando il nord in perpendicolare a manco 200 metri di buffer zone, d’improvviso il caos. Locali shabby chic un po’ english, un po’ nord Europa, un po’ Russia e minimal mischiati con i mercati di frutta e verdura con i vecchi dai piedi zozzi e le tuniche sudate e scolorite e l’odore della pelle di cammello che i cammelli non ci stanno e come va sto fatto, il museo sticazzi vicino al bazar dei tappeti, degli spazzolini e degli iPhone, avete un adaptor socket for my PC? 3 inputs? No, non ce l’abbiamo, non esiste sta roba, chi te l’ha venduto il PC? L’Europa, vengo dall’Europa. Ah, l’Europa, noi non ce l’abbiamo l’Europa, perché l’Europa non ci vuole, stiamo qua che ci ha mandato la Turchia, che ci ha fatto tante promesse la Turchia, ma alla fine siamo poveraccə come prima, più di prima, non cambia mai niente se non vali niente. Noi siamo arrivatə dopo la separazione, se vogliamo andare in ospedale oltre la buffer zone? Non ci possiamo andare, dobbiamo prendere un aereo per la Grecia e da lì rientrare a Larnaca o Pafos, due aerei per andare in un posto che sta a manco 3 km, ma dove sta l’Europa qua, l’Europa non ci sta, se ne frega come l’ONU, magnano tuttə tranne noi e se ne fregano, perché chi se ne frega ci guadagna. E poi fiumi di frutta secca, spezie, locali alla moda con gente alla moda rivestita, profumata, in mezzo ai bambini che corrono dietro alle galline ma nella big avenue piena di negozi, casinò, di polacchi, russi, bielorussi, orologi, ori e argenti tarocchi, vacanze, holiday, today shawarma pizza tasty, e poi scarpe, una marea di scarpe, pelle, cuoio, zaini, sacchi di scarpe e di zaini e odori, e fili, fili staccati, appesi, dimenticati, pericolanti. Poi vecchi turchi con tunica e cappello che giocano a tavli e bestemmiano e bevono l’ouzo tra le bouganville, le zagare, la plumeria, gli aranceti colorati e sempre pieni di frutti, e penso che in Grecia fanno lo stesso, a Lefkosa sud detta anche Nicosia fanno lo stesso e poi fanno anche la shisha, e pure loro c’hanno il minareto, e anche la musica dervisci e ti chiedi allora che vuol dire se fanno le stesse cose, dove sta il turco dove sta il greco se fanno le stesse cose, e che cazzo di Cristo di differenza fa e perché l’ha fatta, perché si sò bombardatə, perché hanno sparato tra fratelli e sorelle, perché hanno tirato una linea verde speranza se non sperano un cazzo e non c’è alcuno spazio per provare a dimenticare?

Poi ti dicono il dolore. Il maledetto dolore, che ti ammala dentro. Il dolore che nessuno ne parla ma tuttə sò feritə, dentro, intorno, ovunque. Il dolore che nessuno ne parla ma è per sempre.
E tuttə sò feritə, tuttə. E allora se tuttə sò feritə, e se di sanə non ce ne stanno, che fanno a fare la guerra? Sparano a chi? Chi deve essere ancora sparatə?
E se tuttə hanno sto dolore, ed è ormai dentro, intorno, ovunque e per sempre, come si fa a campare così?
Un giorno un greco cipriota di quelli che ancora ci crede, che ci ha invitato a mangiare suvla nella sua campagna che non è più veramente sua (ha solo un permesso speciale per accedere perché si trova dentro la buffer zone), mi ha detto che la differenza – o la certezza se vogliamo chiamarla così – nelle cose della vita la fa poggiare gli occhi dove si vuole che cresca l’erba.
E se è un deserto non importa, prima o poi l’erba crescerà.
Una vecchia turca cipriota, con cicatrici sul volto e lo sguardo triste di chi ha visto la guerra, la fame e la miseria, una vecchia che non è mai uscita da quel pezzetto di terra che qui chiamano “Il Nord”, sa che una talea di nasturzio non vale niente. Ma a Cipro, Nord o Sud, Grecia o Turchia, diventa una bellissima e rigogliosa pianta. Perché è un nasturzio in terra Cipriota, né turca, nè greca.
Poi Ledra checkpoint. Documento? Sì. Sei entrata da Ledra Palace Hotel? Sì. Documento? Sì. Vaccino? Sì. PCR test? Sì. Però scusate eh, i bambini lì dentro stanno scalzi, le case sò sventrate, le galline fetano in strada, gli ospedali non ci stanno e l’Europa neppure, l’ONU fa quello che gli pare, che cazzo mi chiedi il vaccino, il PCR test, il documento in tutto sto casino?
Documento valido, può proseguire. Il prossimo, grazie.

Un vortice ci prende e ci trascina nel tuo racconto….gli odori che racconti si sentono tutti..e anche la dolorosa polvere di questa umanità. Grazie ❤️